Le scelte di Alice De Andrè
Non canta ma come suo nonno vuole dare voce a chi non ce l’ha; così ha dichiarato ad AdnKronos Alice De Andrè, nipote di Fabrizio De Andrè e figlia di Cristiano.
Suo padre le ha sconsigliato di cantare, e lei ha seguito la strada della regia
Ma è anche attrice ed educatrice teatrale e ha debuttato a ottobre come regista al Teatro Gerolamo di Milano, uno spettacolo nato dalla collaborazione con la Fondazione Un Futuro per l’Asperger Onlus
E’ il risultato di un laboratorio teatrale della Scuola Futuro Lavoro, parte della Fondazione stessa, che vede protagonisti i suoi talentuosi ragazzi.
Come è stata l’esperienza a teatro con i ragazzi della Fondazione Un Futuro per Asperger?
In che modo ti hanno arricchito interiormente?
“Una delle più formative di sempre.
Sono cresciuta molto grazie alla loro purezza, una qualità che noi adulti tendiamo a perdere con le sovrastrutture che ci imponiamo.
Loro sono liberi, autentici e dicono quello che pensano.
Vederli così genuini, salire sul palco per la prima volta davanti a 200 persone, pur non essendo attori, è stato incredibile.
Mi hanno insegnato la leggerezza e la capacità di fermarmi a prendere un respiro, in un mondo che ormai ci vuole a 300 all’ora”.
Come sono strutturati i corsi di teatro che tieni a Scuola Futuro Lavoro e come prepari gli studenti?
“A dire la verità non c’è una struttura specifica, vado a sensazione con il gruppo che trovo.
Sicuramente una costante è il lavoro sulle emozioni, questi ragazzi hanno un mondo emotivo vastissimo, talmente vasto da creare in loro confusione, perché non hanno strumenti interpretativi per comprendere e riconoscere tutti i colori che ci sono dentro di loro.
È come se io fossi un pittore con una tavolozza variopinta e non riuscissi a distinguere il giallo, il rosso, il blu…
Se io riconosco una cosa, un meccanismo, un’emozione allora mi è più facile gestirla.
Quindi il percorso parte da qui. Il mio lavoro è dare ai ragazzi degli strumenti che poi loro devono usare quotidianamente, durante il laboratorio sperimentiamo attraverso il gioco piccoli pezzi di vita”.
In che modo il teatro è una terapia?
“Il teatro è una terapia quando diventa un mezzo per conoscersi e comprendersi.
Per essere autentico in scena devo saper portare la mia verità, e la mia verità la conosco solo io.
Di conseguenza per portarla fuori, per mostrarla agli altri, devo fare un grande lavoro di introspezione, devo imparare a conoscermi e questo vuol dire anche a fare pace con i mostri che ho dentro”.
Ci anticipi su cosa lavorerete in vista del prossimo spettacolo di Giugno al Teatro Gerolamo?
“Mi piacerebbe farlo, ma non ne ho proprio idea.
Ci saranno nuovi ragazzi iscritti perciò vorrei prima conoscerli e vedere nel primo periodo su cosa ha senso per loro lavorare.
Gli spettacoli che scrivo sono cuciti addosso ai ragazzi con cui collaboro, proprio perché per me lo spettacolo non è il fine, è un progetto che voglio costruire insieme a loro in base a quelle che sono le loro necessità”.
Quali sono i tuoi progetti personali?
“Al momento mi trovo in Calabria a fare un laboratorio con altri ragazzi, e sto scrivendo un nuovo spettacolo che si chiama TU COME ME, andrà in scena al teatro Grandinetti il 18 novembre.
Poi tornerò a Milano, ho uno spettacolo che mi attende il 21 novembre al Politeatro “Lentamente ci uccidono” e a dicembre partirà il nuovo corso a scuola futuro lavoro.
Poi altre novità che però ancora bollono in pentola!”