Yto Barrada in Fondazione Merz: poesia dell’essenzialità

da | Feb 24, 2025 | askanews

Torino, 24 feb. (Askanews) – Un’inno all’essenziale, ma fatto con semplicità e naturalezza, con spirito giocoso e attenzione alle relazioni, con tanti sguardi alla storia dell’arte, ma senza perdere una originalità che vivifica. Alla Fondazione Merz di Torino è stata inaugurata la mostra “Deadhead”dell’artista franco-marocchina Yto Barrada, vincitrice della quarta edizione del Mario Merz Prize. L’esposizione è realizzata con il MAO – Museo di Arte Orientale di Torino, il cui direttore, Davide Quadrio, è anche il curatore del progetto.”La mostra – ha detto ad askanews – nasce prima di tutto come una collaborazione istituzionale all’interno di due istituzioni torinesi, dove l’artista costruisce, attraverso il suo linguaggio, la sua capacità e la sua sensibilità, una serie di operazioni artistiche e in qualche modo anche performative, che poi hanno finalmente la propria somma, dopo due anni di lavoro in territorio torinese, qui alla Fondazione Merz”.Tra opere tra loro molto diverse, alcune storiche, altre realizzate per l’occasione, la mostra si articola e si fa, passo dopo passo, in un dialogo con lo spazio che si declina in film, sculture, installazioni, tessuti e collage. Filo conduttore la ricerca di una essenzialità necessaria per liberare nuove energie creative. “La sua pratica – ha aggiunto QUadrio – è proprio quella, cioè è proprio il guardare le situazioni, recuperare, lavorare con il materiale, con l’objet trouvé, e in qualche modo costruire delle relazioni tra oggetti, pratiche e pensiero che sembrano anche molto giocose, e che si riassumano poi in progetti estremamente poetici, molto visivamente accattivanti, ma anche molto precisi, ma che nascondono in realtà una pratica anche politica e sociale particolarmente intensa”.Yto Barrada lavora spesso guardando alla lezione montessoriana, ragiona sulle teorie del colore e sui modi in cui gli oggetti ci ritornano, spesso in forme diverse da quelle con le quali li avevamo conosciuti. Il risultato è una mostra che accoglie e, nonostante molti cambi di registro espressivo e narrativo, colpisce perché resta viva e legata alle esperienze comuni.

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