Roma, 4 mar. (askanews) – Lo scenario geopolitico si fa sempre più complesso mentre l’amministrazione Usa minaccia nuovi dazi sui prodotti dell’Unione europea come strumento di pressione commerciale. Ma le imprese hanno due leve sui cui puntare, l’innovazione, che le rende più agili e competitive e l’apertura di nuove strade per l’export Made in Italy che grazie alla estrema varietà che caratterizza ciò che il paese esporta può aprirsi nuovi mercati di sbocco. Un export che riesca a diversificarsi il più possibile geograficamente è infatti più resiliente agli shock esterni. Se ne è discusso durante l’evento “Let’s Grow!” organizzato da Sace, il gruppo assicurativo-finanziario partecipato dal ministero dell’Economia e delle Finanze per approfondire scenari e strumenti di crescita insieme alle imprese italiane. Sace ha presentato la Growth Map 2025: 14 paesi cosiddetti Gate, porta d’accesso, sui cui puntare, dal Medio Oriente all’America latina, dall’area asiatica all’Africa con un elevato potenziale di crescita.Alessandra Ricci, amministratore delegato Sace: “La sfida per le aziende italiane è la crescita, abbiamo visto che addirittura oggi il Paese è tornato con un avanzo positivo, primo paese dopo il periodo del Covid e che la sfida di tutte le aziende italiane è crescita e dove può essere trovata la crescita? Da un lato negli investimenti in export dall’altra parte di innovazione insieme abbiamo pensato che queste due cose possano generare 100 miliardi di nuove opportunità per le aziende italiane, 85 miliardi vengono dall’export e vengono soprattutto da 14 paesi che abbiamo identificato e che noi chiamiamo i paesi Gate che sono quelli dove l’export cresce a dei tassi superiori alla media di crescita del paese e noi sappiamo che ogni volta che l’export cresce l’azienda italiana tanto è vero che quello che abbiamo misurato è che andando a fare investimenti in export e in innovazione il fatturato delle imprese italiane cresce del 4%”.Per questi 14 mercati strategici, Sace ha disegnato una vera e propria mappa, mettendo in evidenza le specificità di ognuno e gli ambiti nei quali i prodotti italiani potrebbero espandersi.”Noi siamo presenti in tutti i 14 paesi Gate – ha aggiunto Ricci – con la nostra rete internazionale e e qui abbiamo coniato il cosiddetto effetto Grow, quindi ritorniamo al tema della crescita. Noi vogliamo aiutare le imprese a crescere e l’effetto Grow si sostanzia nelle quattro lettere di Grow quindi G diamo garanzie e liquidità alle aziende. R, gli diamo tutta la nostra conoscenza per la copertura dei rischi o creiamo delle opportunità, perché si affaccino verso quei mercati esteri, dove magari oggi non sono ancora presenti. W, worldwide, quindi in tema di essere globali perché oggi se qualche paese salta l’unica vera arma che abbiamo da offrire alle aziende italiane e aprirgli più mercati, perché solo aprendo più mercati riusciremo a compensare eventuali effetti che si possono creare per il contesto geopolitico”.Cruciali quindi anche gli investimenti in innovazione e il sostegno che la finanza può dare alle imprese da questo punto di vista ambito in cui Sace è impegnata da tempo: secondo elaborazioni della stessa Sace un’impresa che investe in innovazione vede il fatturato crescere del 2% annuo in più rispetto a chi non lo fa.Alessandro Terzulli, Chief economist di Sace: “Oggi un’impresa italiana su tre investe in cambiamento tecnologico e in digitalizzazione. Ci sono stati dei progressi recenti ma non sono ancora sufficienti. Occorre investire di più per tenere il passo con i peer europei e occorrono infatti almeno 15 miliardi aggiuntivi di investimenti l’anno per avere un rapporto tra spesa e ricerca sviluppo e Pil quantomeno pari a quello degli altri paesi. Le imprese italiane nei diversi settori indicano come un limite a questo investimenti l’accesso alle risorse finanziarie e questo è un punto molto molto importante. Allo stesso tempo va detto che non basta solo investire, ma chi investe in innovazione deve allo stesso tempo investire in formazione delle proprie risorse e adattare il proprio modello organizzativo”.
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