ANNA CARLUCCI: BUONE IDEE FRUTTO DI MENTE APERTA
Dalla TV all’ultimo docufilm La vita tra le mani e il impegno nel podcast dedicato ai libri per raccontare la cultura attraverso autori e scrittori
di Emilio e Stefano Sturla Furnò
Scrittrice, autrice televisiva, regista e conduttrice. Anna Carlucci ha da poco presentato il suo ultimo progetto, il docufilm dal titolo La vita tra le mani, da lei scritto, diretto e prodotto per Aurelia Productions dedicato alla Professor Alessandro Frigliola, cardiochirurgo pediatrico che da oltre trent’anni salva bambini di tutto il mondo, in particolare quei piccoli che hanno la sorte di nascere nella parte meno fortunata del Pianeta.
Numerosi i programmi televisivi di successo in cui ha lavorato – tra cui Parola Mia, al fianco di Luciano Rispoli, Argento e Oro ed Atlante – dal 2012 Anna Carlucci collabora al programma Ballando con le stelle coordinando l’attività social media.
E’ ideatore e produttore esecutivo di Ballando On The Road, il live casting tour di Ballando Con le Stelle che registra ogni anno una grande partecipazione da tutta Italia.
L’abbiamo incontrata prima della registrazione del suo nuovo progetto, il podcast Quello che i libri non dicono dedicato ai libri in cui Anna Carlucci incontra autori e scrittori.
Tv, cinema, oggi anche un podcast dedicato ai libri. come nasce un’idea?
Le idee nascono rimanendo molto aperti a tutto quello che succede intorno a noi, captando ogni cosa, anche nel quotidiano. Bisogna avere una mente aperta e recettiva.
Alcune idee che mi colpiscono, poi, finiscono in quello che io chiamo il mio “retro cervello”. Lì si depositano, attecchiscono e poi fioriscono
Come si racconta la cultura?
La cultura si può raccontare in tanti modi, la modalità che a me interessa è quella che serve a diffonderla verso il maggior numero di persone possibile.
Per esempio, parlando del mio podcast sui libri che ho voluto intitolare Quello che i libri non dicono, è concepito non tanto per chi è già un appassionato di lettura, ma per coloro che cercano di allargare la platea nonché incuriosire chi non lo è.
Questo, secondo me, è un modo molto interessante di raccontare la cultura.
Nel suo docu La vita tra le mani racconta il dolore e la speranza.
Sì è vero. Purtroppo il dolore fa parte del nostro mondo. Siamo circondati da notizie non incoraggianti da cose tristi da situazioni veramente pesanti.
Ma dire che c’è la possibilità di risolvere dando risposte alla sofferenza delle persone … bene questo accende di positività il racconto del mio docu.
Come è nata l’idea del docu sul il Prof. Alessandro Frigliola?
Conosco il Professore Frigiola da quasi trent’anni, ho sempre seguito le sue imprese in campo filantropico; poi, un paio di anni fa lui mi ha raccontato di questo suo nuovo progetto di formazione che può fare davvero la differenza in un momento in cui in tutto il mondo – e non solo nei paesi più poveri – c’è una grande carenza di risorse umane che mette tutti a rischio.
Nei prossimi anni potremmo non sapere da chi farci operare.
Sono andata da lui a documentare con immagini questi corsi di formazione con dei cuori in 3D di sua invenzione per realizzare un video da donargli per la presentazione della sua Fondazione scientifica.
Poi mi sono detta: perché non raccontare tutto quello che lui a fatto in trent’anni di filantropia? ùInsomma il progetto mi è cresciuto tra le mie mani. In quel momento della mia vita mi ero dovuta fermare per un brutto incidente che avevo avuto, una brutta frattura che mi ha tenuto a lungo ferma.
Quindi ho lavorato a tempo pieno su questo docu-film investendo molta forza mentale ed anche emotiva. Ho messo davvero tutto il mio cuore in questo progetto e credo questo emerga.
Quali sono le caratteristiche di una storia che merita di essere raccontata?
Ovviamente una storia che merita di essere raccontata deve essere prima di tutto avvincente, ma soprattutto deve toccare le corde del maggior ncui persone possono sentirsi ispirate.
Un progetto audiovisivo come il suo non è un prodotto solo da vedere, ma può diventare anche un’occasione per raccogliere sostegno e fare del bene.
Certo, è proprio così. Inizialmente, questo documentario era stato pensato da me solo fare un omaggio al professor Frigiola, per riassumere tutto quello che lui aveva fatto, peraltro rimanendo sempre dietro le quinte.
Ma l’impatto che il documentario ha avuto sul pubblico alla prima presentazione a Roma, mi ha fatto capire che è importante far conoscere questa storia al maggior numero di persone possibile perché attraverso il racconto di questa vita incredibile la gente sia spinta ad aderire alla filosofia che ha sempre guidato Frigiola e le persone del suo team.
Ognuno può fare, nel piccolo nel grande, la propria parte e, quindi, supportare i suoi progetti che sono a vantaggio di tutta l’umanità. E’ importante dirlo: tutto quello che lui ha fatto in trent’anni è stato realizzato con fondi privati, con raccolte fondi.
Ciò è veramente incredibile e clamoroso considerando la grandezza dei progetti realizzati.
Anna, Gabriella, Milly. Tre sorelle unite anche nel lavoro. E’ più semplice perché ci si conosce meglio?
Certo il fatto di conoscersi molto bene aiuta, ma non è solo la conoscenza.
E’ il fatto di condividere principi e valori.
Qualcuno potrebbe dire: va bene siete sorelle, siete nate cresciute nella stessa famiglia, quindi – per forza – avete questa unità.
E invece non è scontato. Conosco tante situazioni di fratelli e sorelle per i quali non è così.
La nostra unità è nata dai nostri genitori che l’hanno costruita dedicandosi profondamente alla famiglia e dandoci un esempio forte.
Da alcuni anni Lei è ancora più vicina a Milly. Ha creato un progetto parallelo a Ballando con le Stelle su Rai Uno. Ci racconta Ballando Segreto?
Ballando con le Stelle, soprattutto quest’anno, si è rivelato una vera e propria cavalcata. Un successo incredibile.
Ancora oggi, a qualche mese di distanza dalla finale, la gente parla del programma con passione. Il nostro pubblico è sempre molto incuriosito da tutto quello che riguarda il format. Quindi, un paio di anni fa, abbiamo avuto l’idea di questa striscia trisettimanale dove raccontiamo un po’ il dietro le quinte così da svelare qualcosa di più sui personaggi e le dinamiche del programma.
Quest’anno Ballando Segreto ha riscosso un incredibile successo su Raiplay occupando quasi ogni settimana i primi posti della classifica dei contenuti più visti. Per la prossima edizione di Ballando, quella dei 20 anni, vorremmo poter offrire ancora di più al pubblico che anche su Raiplay ci sta veramente seguendo con un’attenzione incredibile (n.d.r. è stata lanciata la notizia che le celebrazioni dei vent’anni di Ballando con le Stelle si terranno in maggio con una speciale edizione tv su Rai Uno che anticipa il successo della prossima stagione autunnale).
Lei ha detto: lavorare con Milly è una fortuna. Cosa intendeva?
Intendo che passare un pomeriggio con Milly e vederla lavorare rappresenta davvero una grande ispirazione.
Milly non ha in mano solo la conduzione di Ballando con le Stelle, ma proprio la creazione dalla A alla Z di tutto il programma, i costumi, le scenografie, le coreografie. Lavorando con lei s’impara moltissimo e si è spinti a dare il meglio, ognuno nel proprio campo.
Tra i programmi che hanno fatto la storia della tv, Parola mia, al fianco di Luciano Rispoli. Perché ha avuto tanto successo?
Parola Mia è stato un grande successo della televisione proprio per il motivo di cui parlavo all’inizio (n.d.r. Parola mia è stato un programma televisivo a quiz sulla lingua italiana, in onda su Rai 1 e su Rai 3)
E’ stato un ottimo esempio di come rendere popolare un argomento così alto come la lingua italiana in modo da farlo arrivare a tutti. Questa è stata la formula del successo del format.
La presenza del professor Beccaria che, pur essendo un linguista, un luminare della lingua italiana, ha permesso di rendere molto popolari i temi talvolta non sempre semplici.
Ciò ha sicuramente contribuito a farne un programma di successo che ancora oggi la gente ricorda. Va considerato che la memoria televisiva è molto breve e noi tutti ricordiamo solo pochi programmi TV.
La tv è ancora in gradi di educare?
Assolutamente sì e dovrebbe farlo.
Educare non significa essere noiosi. Il problema è che per educare bisogna fare uno sforzo creativo per trovare la formula con cui veicolare contenuti importanti in maniera popolare.
Quindi il problema di educare attraverso la televisione è legato anche alla possibilità di sperimentare sbagliare e rifare da capo. Oggi si producono prevalentemente solo format già collaudati in altri paesi adattandoli al pubblico nostrano.
Ci sono stati incontri in tv che le hanno cambiato la vita?
Ho avuto la fortuna di avere dei mentori incredibili e prima di tutto Luciano Rispoli che era un grande uomo di televisione.
Lui mi ha insegnato proprio l’abc della TV.
Poi ho avuto l’opportunità di lavorare con Arrigo Levi una delle firme più prestigiose del giornalismo italiano, un immenso professionista, ma anche un uomo di grande sensibilità.
Una persona che riusciva veramente a tirar fuori il meglio dagli altri.
Quando ho lavorato con lui facevo parte di un gruppo di giovincelli, alle prime esperienze o giù di lì.
Ecco, lui ascoltava le opinioni di tutti come se fossero determinanti. C’incoraggiava ad approfondire e ci lodava per i risultati. Ci faceva sentire importanti e quindi eravamo tutti spinti a dare il meglio. P
roprio all’inizio della mia carriera ho lavorato con Paolo Valenti, altro uomo straordinario. Ricordo quando mi presentai con un altro coetaneo nel suo ufficio a Teulada per iniziare la produzione di un suo programma: nei suoi occhi lessi questo pensiero: “ma che ci faccio io con questi due ragazzini?”.
Ma noi due ragazzini eravamo preparati e, soprattutto, avevamo un’immensa voglia di fare.
Dopo qualche settimana eravamo diventati i suoi pupilli. Ci diede una fiducia incredibile e ci permise di crescere professionalmente.
Nel lavoro ricorda una figura professionale da cui ha imparato una lezione di cui ancora fa tesoro?
Ho frequentato la scuola di sceneggiatura con il grande Leo Benvenuti, uno dei padri del Cinema Italiano.
Un giorno ci disse: “Non sono io che sto dando a voi, ma siete voi che state dando a me perché siete il mio contatto con il mondo, con i giovani, con quello che succede; siete la mia linfa”.
Anche quando sei un grande professionista con una lunga carriera è molto importante creare un contatto con i più giovani, tenerli accanto, insegnare loro e dare la possibilità di crescita professionale perché loro allo stesso momento daranno molto a te.
C’è qualcosa che non rifarebbe?
Sinceramente no. Tutto quello che ho fatto, errori compresi, è servito a farmi crescere e aiutarmi a capire quello che volevo fare, chi volevo essere. Non ho rimpianti.
Ad un giovane che ha deciso di lavorare per la tv, cosa consiglia?
Oggi, senza dubbio, le opportunità di lavoro sono molto di più perché vi sono mille canali televisivi. Il mercato è più ampio.
Va detto che oggi si può arrivare alla popolarità anche senza avere delle qualità particolari. Però, attenzione. Questo tipo di popolarità non fa durare una carriera attraverso i decenni.
Quindi, anche si è diventati in qualche modo famoso, per avere una visione a lungo termine bisogna studiare e approfondire. Bisogna leggere, ad esempio.
Leggere è importantissimo perché mentre leggiamo assorbiamo idee, assorbiamo un modo di parlare, assorbiamo parole nuove che diventano nostre e che utilizzeremo in maniera naturale alla prima occasione utile. Inoltre è importante anche viaggiare, andare a teatro, al cinema.
Ci sono traguardi raggiunti che ricorda maggiormente?
Sicuramente tutte le mie vittorie sportive perché lo sport è stato fondamentale nella mia vita, ha forgiato il mio carattere perché mi ha insegnato a non mollare mai.
Poi, sicuramente, il giorno della mia laurea perché il mio relatore che era il professor Mario Verdone, papà di Carlo.
Lui era un tipo apparentemente burbero. Ma era così entusiasta del mio lavoro che alla proposta del 110 volle aggiungere il bacio accademico.
Non potrò mai dimenticare anche l’emozione di vedere il mio primo lungometraggio al cinema sul grande schermo.
Rendermi conto che qualcosa che io avevo scritto aveva preso forma, era diventato un progetto reale è stato un momento di grande orgoglio personale.
E, infine, non potrò mai dimenticare il giorno in cui abbiamo presentato a Roma il mio documentario La vita tra le mani, e l’emozione del professor Frigiola.
Lui in quanto cardiochirurgo sta svolgendo un mestiere che lo mette a stretto contatto con situazioni difficilissime; ha imparato nel corso dei suoi cinquant’anni di attività a trattenere le emozioni.
Veder scendere le lacrime sul suo viso è stato per me inaspettato ed è stata la ricompensa più grande per il mio lavoro.
La sua passione per la storia e le dinastie del Rinascimento la sta conducendo in un percorso di ricerca. A cosa sta lavorando?
Tutto è nato dal romanzo scritto da una mia cara amica Maria Cristina Maselli sulla dinastia Malatestiana. il libro si intitola Sigismondo Isotta una storia d’amore è un romanzo meraviglioso che non solo riporta a galla un periodo storico, ma soprattutto un grandissimo personaggio come il Malatesta che avevamo perso un po’ di vista.
Un libro che fa riemergere la meravigliosa storia d’amore fra lui Isotta degli Atti e ci ricorda che Rimini non è solo la città del mare, del divertimento e delle discoteche, ma è anche una capitale del Rinascimento.
Da questo romanzo sta nascendo un progetto importante che potrebbe aprire nuovi ed importanti orizzonti nel turismo in Emilia Romagna ed in tutta l’Italia.
Ha due figli ai quali è legatissima e che sono entrambi all’Estero per studio e lavoro. In che modo riesce ad essere loro vicino?
La tecnologia ci aiuta molto perché ci permette di sentirci e vederci, almeno attraverso lo schermo.
Questa è una gran cosa, ma credo che l’elemento principale per essere vicina ai miei figli sia quello di essere sempre disponibile quando hanno bisogno di parlare e di confrontarsi. In qualsiasi ora del giorno e della notte io ci sono.
Si sa, i ragazzi quando tu vuoi dar loro un consiglio ti ascoltano poco. Però nel momento in cui sono loro a chiederti il tuo punto di vista devi essere presente per esprimerlo.
Poi, ovviamente, tutte le volte che è possibile prendo un aereo, un treno e ci si incontra.
Nell’arco dell’anno, cerco di organizzare almeno una settimana di vacanza solo per noi. Perché è importante avere dei momenti in cui si ritorna in modalità “madre/figli”, in cui io me li coccolo, preparo i loro piatti preferiti e loro possono essere liberi e comportarsi da ragazzini