Roulette del sesso: l’appuntamento arriva sui social

da | Ott 23, 2024 | Lifestyle | 0 commenti

Social Media e adolescenti

Roulette del sesso: l’appuntamento arriva sui social

Parla l’esperto, l’avvocato Maria Luisa Missiaggia

L’appuntamento arriva su Tik Tok. L’ultima sfida tra adolescenti si chiama Sex Challenge, una sorta di roulette russa che dilaga su piattaforme social e coinvolge ragazzi e ragazze sempre più giovani.

L’invito ad un incontro di sesso viene mandato su una chat privata che si trasforma in porta di accesso al gruppo di incontri in abitazioni e parchi lontano da occhi indiscreti dove poter fare sesso in modo completo e non protetto.

Una sfida strisciante che attira nella rete classi di giovani e giovanissimi inconsapevoli dei rischi di trasmissioni di malattie o, per le ragazze, di rimanere incinta. Un gioco che si vince o si perde.

Social Network messaggeri del sesso senza protezioni tra minori e adulti sconosciuti e spesso – al fine di rendere la situazione limite – vengono inserite invitate in chat anche persone sieropositive.

Una sfida estrema anche riguardo al monte premi: le giovani vengono invitate a rivelare il risultato del test di gravidanza come è accaduto ad alcune ragazze americane che hanno pubblicato il test di gravidanza su Tik Tok.

Abbiamo sentito l’avvocato Maria Luisa Missiaggia, titolare dello Studio Legale Missiaggia & Partners di Roma ed esperta di diritto di famiglia, riguardo a questa grave e situazione che dilaga tra i giovani.

“Sfide assurde riferite a minorenni che, va da sé, non sono totalmente liberi di riflettere e decidere in maniera consapevole” – sottolinea Missiaggia

“Prevale il desiderio di essere notati. Da qui la scelta di accettare qualsiasi tipo di sfida. Le famiglie, in generale, sono sempre più spesso prese da altri impegni ed assenti. Padri e madri incapaci di cogliere quei segnali pericolosi che esprimono mancanze e disagi”.

Riguardo a tale nuova moda, è auspicabile un rapido ed efficace intervento delle Istituzioni oltre ad un inasprimento dei controlli interni nelle piattaforme che divulgano questo genere di sfide.

“Va precisato che le piattaforme commettono un reato” – dice il legale – “perché la diffusione di materiale video di espliciti contenuti legati a sesso con minori si configura reato ex art. 600 ter del Codice Penale.

Rare le sanzioni ed i risarcimenti da parte di colossi del web. Utili gli incontri di informazione e prevenzione attraverso incontri presso istituti scolastici per insegnare agli studenti un rapporto corretto con i social media.

Seppur piattaforme come Facebook ed Instagram blocchino i contenuti espliciti, l’insidia riesce, comunque, a passare attraverso altri canali come Telegram, senza ostacoli e controlli”.

Il reato di revenge porn (ndr. diffusione di foto e video hard senza il consenso di chi viene rappresentato) è un illecito recentemente imputato a nomi illustri del mondo del web

Come è accaduto nell’agosto scorso al Pavel Durov – fondatore della piattaforma Telegram – messo agli arresti in Francia.

Il capo di imputazione si riferisce al mancato controllo della piattaforma, priva di controlli e filtri riguardo la diffusione di video pedopornografici.

Il fatto che piattaforme come Telegram non si mettano a disposizione per collaborare con la Polizia Postale, condividendo i riferimenti di chi usufruisce di materiali pedopornografici, rallenta ed è di ostacolo.

“Riguardo al reato di detenzione di materiale pedopornografico ex art. 600 quater del Codice Penale” – chiarisce Missiaggia – “è stata emessa una sentenza recentemente da parte della Corte di Cassazione

è la numero 36572 del 2023 per cui il far parte di gruppi Telegram dediti a divulgazione di questo tipo di materiali costituisce reato di detenzione.

Ciò vale anche se l’utente ha materialmente scaricato i materiali.

Va ricordato che un minore difficilmente riesce a rendersi conto dei rischi.

Per questo la prevenzione è fondamentale.

E sono necessarie pene più severe, prima di tutto nei confronti di quei network che non rispettano il regolamento europeo (ndr. Digital Service Act) che modera i contenuti pubblicati e divulgati sulle piattaforme digitali, anche riguardo alla tutela dei minori di età”.

 

 

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